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IL PAZIENTE RAPERONZOLO

Nel suo libro “Il mondo interiore del trauma“, Donald Kalsched illustra il modo in cui alcune fiabe descrivono il processo terapeutico, in particolare nei casi in cui un trauma subito dal paziente da’ vita ad un “Demone Briccone”, un sistema di autocura ripreso da Jung di cui la psiche fa uso per proteggersi e per separare l’Io dalla realtà’ dolorosa.


La metafora di Raperonzolo e la terapia


Nella fiaba classica, la bella Raperonzolo rappresenta il paziente che dopo un trauma si “chiude in una torre”, prende le distanze dal mondo reale e se ne costruisce uno tutto suo dove si senta protetto.

La Strega è quella parte del paziente traumatizzato che agisce per proteggerlo e nel contempo lo imprigiona. Vuole evitare che il paziente Raperonzolo possa incorrere di nuovo in quello che gli ha provocato dolore. All’inizio la “strega” è funzionale, è l’unico modo che il paziente ha trovato per salvarsi. Successivamente, impedisce il contatto con la realtà’ e le sue potenzialità’.



Il Principe arriva nella vita del Paziente Raperonzolo rappresentando la realtà. Una volta che il paziente sente che c’è qualcosa di più dell’illusione che è abituato a conoscere, “allunga la sua treccia” e permette alla realtà di entrare.. ma questa scelta ha un prezzo. E come nella storia la strega si arrabbia e taglia i capelli a Raperonzolo, anche il paziente deve compromettere la sua illusione e sacrificare qualcosa per trasformarsi.

Il Sacrificio è necessario alla rinascita del paziente. Deve creare una rottura con la strega, la sua protettrice/carceriera, e rinunciare quindi a quella figura di autocura che si è creato al momento del trauma, per poter tornare a affrontare la vita e superarlo.


Dopo questo momento drammatico, Raperonzolo e il Principe si trovano a vagare da soli, l’una nel deserto, e l’altro nel buio della sua cecità’, e la situazione iniziale di separazione e infelicità’ sembra ristabilirsi. E’ il canto di Raperonzolo a condurre di nuovo il suo amato da lei, e sono le sue lacrime di dolore a curarlo, lo stesso dolore che nel corso della terapia diventa la chiave per una riconnessione con il mondo.

La sofferenza che nel trauma iniziale era stata intollerabile ed aveva creato l’allontanamento dal mondo reale in favore di fantasie protettrici e persecutorie insieme, riesce finalmente ad essere contattata e diventa fonte di guarigione.


Come riconoscere il Paziente Raperonzolo?

I Pazienti Raperonzolo di solito hanno subito un trauma significativo che li ha derubati della loro infanzia e costretti a crescere troppo presto. Dopo il trauma il loro bisogno di relazione non cessa, ma si rivolge al mondo interno, che si arricchisce di figure rassicuranti coltivate nei sogni e nelle fantasie. Il Paziente Raperonzolo può avere un buono aspetto esterno, tuttavia comincia a perdere la capacita’ di radicarsi in qualunque luogo della realtà, per usare le parole di Kalsched. Nutrendosi di fantasie di onnipotenza e non di successi reali, la sua autostima si basa quindi sull’idea di una superiorità’ interiore.

Questi pazienti hanno la frequente sensazione di non vivere una vita del tutto reale, e sono spesso orgogliosi e fieri, caratteristiche che utilizzano per nascondere il proprio segreto disagio. Spesso sono individui che leggono moltissimo, che prendono sul serio i propri sogni, che tengono diari e danno un grande valore alle dimensioni del segreto, del nascosto e della bellezza.


Cosa succede alla fine della terapia al Paziente Raperonzolo?



Verso la fine della terapia, il Paziente Raperonzolo comincia ad avvertire il dolore dell’apparente perdita dei suoi mondi interiori infantili, le fantasie che l’avevano tenuto in vita e nutrito da bambino. Avverte questa perdita come un enorme sacrificio e non vuole rinunciare al suo “mondo divino” (le sue fantasie) per la superficialità’ della vuota “vita terrena”, tuttavia alla fine della terapia la sua vita reale comincia ad essere più piena, nutriente e autentica, e finalmente può avvenire “l’incontro tra i due mondi”.



LA STORIA DI RAPERONZOLO (RIASSUNTO) ↓

Un uomo e una donna che desideravano avere un figlio, avevano una casa che affacciava sul giardino di una strega. Un giorno la donna vide dalla finestra dei bellissimi raperonzoli e desiderò cosi’ tanto mangiarli che disse al marito che se non gliene avesse presi un po’ sarebbe morta. L’uomo si calò nel giardino della strega a prenderli, ma venne sorpreso dalla proprietaria che in cambio dei raperonzoli gli chiese il loro futuro bambino. Nacque Raperonzolo e la strega l’accudi’ come una madre fino a dodici anni, poi la rinchiuse in una torre altissima e senza porte, chiamandola a calare i suoi lunghissimi capelli quando avesse voluto arrampicarsi da lei. Arrotolando le trecce intorno a un perno, Raperonzolo lasciava che la strega vi si arrampicasse, passando il resto del tempo in solitudine, spesso cantando affacciata alla finestra. Un giorno un principe ne udi’ la voce e se ne innamorò, così spiò la strega per capire come entrare nella torre e la imitò, intimando Raperonzolo di calare la sua treccia. I due si innamorarono ma un giorno la ragazza chiese alla strega come mai pesasse tanto più del principe, così questa scoprì la tresca e la punì esiliandola nel deserto ed accecando lui, che si era arrampicato nuovamente sulla torre alla ricerca dell’amata. La ragazza partorì due gemelli e vagò con loro nel deserto per alcuni anni, finché un giorno il principe, cieco, non ne sentì la voce e le corse incontro, riabbracciandola e riacquistando la vista grazie alle di lei lacrime d’amore.

 
 
 

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